Ansia e disturbi ginecologici
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Ansia e disturbi ginecologici
Lo scopo dell’approccio psicosomatico in medicina è di superare la dicotomia mente-corpo mediante una valutazione complessiva delle patologie oggetto di esame e porre al centro dell’attenzione il paziente nella sua globalità.
La ginecologia si occupa di ambiti (fisici e questioni esistenziali) in cui la tonalità affettiva, sessuale ed emotiva sono in primo piano.
Verte sui temi della vita, della sessualità, della morte, della generazione, che alla luce di molti assunti della psicoanalisi, sono costitutivi della psiche umana.
Inoltre, la ginecologia si occupa di diversi ambiti correlati a determinate condizioni fisiologiche come la gravidanza, la sessualità e di molti disturbi come le alterazioni del ciclo mestruale, il vaginismo, l’endometriosi.
Approcciarsi a problemi ginecologici in ottica psicosomatica significa comprenderne la globalità: quando una paziente ha un disturbo si mescolano tra di loro elementi che si riferiscono alla sua storia personale con i dati anamnestici.
È l’ambito in cui gli scambi mente e corpo si influenzano reciprocamente e, a volte, possono formare un circolo vizioso in cui lo stato psicologico della persona può influenzare il decorso della malattia.
Ad esempio, nella sindrome premestruale si assiste a gruppi di sintomi che sono fisici, psicoemotivi e comportamentali. Dal punto di vista psicologico si riscontra: una facile irritabilità, incremento del fumo, impulsività, alterazione della condotta alimentare (abuso di cioccolata o dolci); idee di svalutazione, aumento dei conflitti interpersonali, diminuzione di interesse verso alcune attività, difficoltà di concentrazione, affaticamento, sensazione di non farcela o di perdere il controllo.
Il disagio psicologico nasce dalle difficoltà legate all’intensità dei sintomi che a volte, costringono la donna a limitare in modo marcato tutte le proprie attività.
L’amenorrea psicogena, che è definita amenorrea secondaria (assenza di mestruazioni), insorge generalmente in giovani donne sottoposte a pressioni psicologiche di varia natura.
È noto come intensi fattori traumatici possono accompagnarsi ad una improvvisa condizione di amenorrea e come lo stesso effetto possa anche essere determinato da situazioni stressanti di limitata intensità, ma continue e pervasive.
Spesso si apprende che sono stati eventi traumatici o emotivamente forti a causare questa condizione, ad esempio il lutto per perdita improvvisa e inaspettata di una persona, oppure il turbamento dato da un rapporto sessuale e la paura di essere rimasta incinta spesso causa l’amenorrea. Il ciclo poi torna spontaneamente nel momento in cui si pratica un test di gravidanza che risulta negativo.
I disturbi emotivi che accompagnano il ciclo di vita della donna rappresentano un importante riflesso delle profonde trasformazioni biologiche e psicologiche delle diverse fasi evolutive.
Ad esempio, con il climaterio (periodo che precede la menopausa) la donna comincia a riconsiderare il proprio ruolo all’interno della famiglia e della società.
In tutti i casi citati, fattori prevalentemente biologici legati ad alterazioni ormonali, come la perdita della funzione riproduttiva, la comparsa di disturbi organici e psicosomatici si intrecciano spesso a fattori psicologici, come l’angoscia per il futuro, determinando un intenso stato di tensione emotiva, che rende la donna particolarmente vulnerabile alle condizioni di disagio psichico, ed alimentano un circolo vizioso che spiega l’elevata incidenza di disturbi dello spettro ansioso-depressivo.
E’ di fondamentale importanza, in questa parentesi al femminile, considerare che le pelvi assumono per le donne una valenza affettiva ed emotiva che va ben oltre il significato clinico che un medico può attribuire alla sintomatologia: è il luogo dei rapporti sessuali, del concepimento e dello sviluppo del feto.
In tutti i casi sopra citati è molto utile avvalersi di un aiuto psicologico, anche se si incontrano forti resistenze perché è difficile far accettare che i fattori psichici possano essere determinanti nel funzionamento del nostro corpo.
Ma, solo la conoscenza delle dinamiche psicologiche interiori e la loro gestione positiva possono essere d’aiuto per affrontare in modo ottimale questi disagi.
Una maggiore consapevolezza di se stessi e dei propri conflitti, una presa di coscienza delle risorse psicologiche disponibili consente di acquisire delle strategie di adattamento rendendo la persona meno vulnerabile allo sviluppo di disturbi psicosomatici e migliorandone la qualità di vita.
Per questi motivi, è di fondamentale importanza ascoltare le manifestazioni somatiche legate all’ansia, all’angoscia, ad esperienze traumatiche, perché veicolano una richiesta di aiuto che non deve rimanere inascoltata.
Sono necessari approfondimenti diagnostici per escludere patologie organiche, sono necessarie le consultazioni mediche prima di poter prendere in carico e gestire queste problematicità.
Una buona soluzione per la gestione delle somatizzazioni è porre al centro questa richiesta d’aiuto (manifestazione sintomatologica) insieme ad un professionista che si occupi del disagio psicologico.
Questo vuol dire iniziare un percorso terapeutico che possa focalizzarsi sul sintomo ed andare oltre lo stesso perché occorre andare all’origine della causa scatenante e spesso, non è immediato.
Il sintomo nasce perché qualcosa dentro di noi è rimasto inascoltato (emozioni, traumi, stress, pensieri), e trova un modo per farsi sentire, il più delle volte si è del tutto inconsapevoli del “perché” di quel sintomo.
Il lavoro, la famiglia, le amicizie, il rapporto con se stessi e con l’ambiente può diventare fonte di stress e di disagio. Non solo gli eventi negativi possono diventare fonte di stress ma anche gli eventi positivi, come la nascita di un figlio, il matrimonio, cambiare casa, cambiare lavoro.
Diventa sempre più evidente che vi è una progressione di patologie legate a stili di vita disfunzionali che esprimono una forte ansia interiore e riflettono una profonda difficoltà della persona di pensare in maniera sana senza l’influenza di quelle aree problematiche e di disagio che sembrano, a volte, prendere il sopravento.
Se si vuole “estirpare” il sintomo, il disagio, non è sufficiente tagliare “raso terra”, perché quella particolare pianta, o erbaccia, crescerà nuovamente, magari sotto una nuova forma, ma troverà sicuramente il modo di crescere, magari dopo alcuni mesi di apparente benessere.
Estirpare il sintomo alla radice significa lavorare insieme ad un professionista psicoterapeuta in un percorso strutturato volto al miglioramento della qualità di vita, una maggiore consapevolezza di sé e del proprio funzionamento affinché quel sintomo possa essere estirpato alla radice.